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Continua con gli acquistiIl fascino del racconto di Pitea aveva suggerito, già nel II secolo a.C., l'inserimento dell'isola nel quadro di narrazioni fantasiose, come avviene nel romanzo Le incredibili meraviglie al di là di Tule di Antonio Diogene.
Nella Geografia di Claudio Tolomeo, Thule è tuttavia un'isola concreta, della quale si forniscono le coordinate (latitudine e longitudine), riferite alle estremità settentrionale, meridionale, occidentale e orientale, seppur in modo troppo approssimativo perché si possa darne un'identificazione certa.
L'identificazione della Thule di Pitea e di Tolomeo (non necessariamente coincidenti) è sempre stata problematica e ha dato luogo a diverse ipotesi, anche per la generale inaccuratezza delle coordinate assegnate da Tolomeo a luoghi lontani dall'Impero romano.
Vari autori hanno ipotizzato l'identificazione di Thule con luoghi disparati: l'Islanda, la Groenlandia, le Isole Shetland, le Isole Fær Øer, o l'isola di Saaremaa. Tre sono le teorie più accreditate:
Secondo la teoria proposta da Lennart Meri, è possibile che Thule sia l'isola di Saaremaa, in Estonia, mentre il nome di "Thule" avrebbe potuto essere collegato al termine finnico tule ("(di) fuoco"), al folklore locale e alla mitologia finlandese, che raffiguravano la nascita del lago dei crateri di Kaali. Kaali era considerato il luogo in cui "il sole andava a riposare."[3]
L'idea che Thule possa essere identificata con l'Islanda ha incuriosito molto gli storici, in quanto, secondo le conoscenze ufficiali, gli scopritori e primi colonizzatori dell'isola sarebbero invece i Vichinghi, che vi approdarono nel IX secolo e vi trovarono un'isola deserta, ghiacciata e umida, ma accogliente, a differenza dell'isola fertile e popolata descritta da Pitea. Tuttavia, a sostegno della teoria ci sarebbero le cronache dell'epoca (La navigazione di san Brandano) che raccontano di monaci irlandesi guidati da San Brendano arrivati sull'isola già nel VI secolo e ancora prima. Durante tutto il Novecento sono state scoperte in varie zone dell'Islanda meridionale monete romane databili tra il II e il III secolo oggi conservate al Museo Nazionale d'Islanda di Reykjavikche dimostrerebbero una conoscenza e frequentazione dell'isola già nell'antichità.
Nel corso della tarda antichità e nel medioevo il ricordo della lontana Thule ha generato un resistente mito: quello dell'ultima Thule, come fu per la prima volta definita dal poeta latino Virgilio nel senso di estrema, cioè ultima terra conoscibile, e il cui significato nel corso dei secoli trasla fino a indicare tutte le terre "al di là del mondo conosciuto" , come indica l'origine etrusca della parola "tular", confine.[4][5] Il mito, che possiede molte analogie con altri miti, ad esempio con quello dello Shangri-La himalaiano, ha affascinato anche in epoca moderna.
Esso è stato anche alla base della formazione di gruppi occulti come quello tedesco della Società Thule (Thule Gesellschaft), fondata il 18 agosto 1918, e che identificava in Thule l'origine della saggezza della razza ariana, popolata da giganti con i capelli biondi, gli occhi azzurri e la pelle chiara, che un tempo dominavano il mondo, potere successivamente perso per aver consumato relazioni sessuali con membri di altre razze, inferiori, subumane e in parte animali.
Secondo l'interpretazione dei membri della Thule Gesellschaft e di altri esponenti della ariosofia, il mito tratta di una terra abitata da una razza umana "superiore", identificata sovente con il popolo degli Iperborei, organizzata in una società pressoché perfetta, si possono facilmente ritrovare alcune delle basi del concetto – accolto e divulgato dal nazismo – di razza ariana, ovvero superiore a qualsiasi altra e dunque inevitabilmente dominante sul mondo.[6]
Nel Faust di Goethe è presente un riferimento al mito di Thule nella scena in cui Margherita canta i versi della ballata del Re di Thule, storia di un amoreinfelice che fa da sfondo, e in un certo senso da specchio, alla vicenda d'amore tra lei e Faust: vicenda destinata a concludersi tragicamente come quella del re protagonista della canzone.
Dei versi di Goethe è stata operata una traduzione in italiano da parte del poeta Giosuè Carducci:
(Tedesco)
«Es war ein König in Thule, Es ging ihm nichts darüber, Und als er kam zu sterben, Er saß beim Königsmahle, Dort stand der alte Zecher, Er sah ihn stürzen, trinken |
(IT)
«Fedel sino a l'avello Nulla ebbe caro ei tanto, Venuto a l'ultim'ore Ne l'aula de gli alteri Bevé de la gioconda Piombar lo vide, lento |
(Johann Wolfgang von Goethe, Der König in Thule, 1774, trad. it. di Giosuè Carducci, Il re di Thule, Rime Nuove, XCV, 1906) |